Contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti
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Contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti

Con il Job Act i licenziamenti non leggittimi sono stati disciplinati attraverso l’erogazione di un’indennità al lavoratore. Questa indennità è commisurata all'anzianità nell’azienda che lo ha congedato illeggittimamente.

Il Jobs Act ha introdotto nuove norme e regolamentazioni in materia di lavoro. Uno di questi è il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti che stabilisce regole molto strutturate in merito ai licenziamenti. In particolare attraverso un nuovo regime di tutela per i casi di licenziamento illeggittimo.

Con il Job Act i licenziamenti non leggittimi sono stati disciplinati attraverso l’erogazione di un’indennità al lavoratore. Questa indennità è commisurata all’anzianità nell’azienda che lo ha congedato illeggittimamente.

La disciplina si applica ai lavoratori che sono assunti con contratto a tempo indeterminato e interviene in seguito a licenziamento illecito.

Quali sono i soggetti direttamente interessati?

Il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti riguarda tutti i dipendenti assunti a tempo indeterminato. A questi si aggiungono quelli il cui contratto da apprendistato o a termine si è trasformato a tempo indeterminato a partire dal 7 marzo 2015.

In altri casi è il giudice a deteminare se il licenziamento non avviene per giusta causa. In questo caso si parla di licenziamento disciplinare o economico. Quando si verifica l’illeggittimità, cambiano le conseguenze del licenziamento stesso.

Cosa succede in caso di licenziamento illeggittimo?

Con il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, quando il giudice decide che si tratta di un caso di illeggittimità, il dipendente può impugnare il licenziamento entro 60 giorni. In questo modo può ottenere un indennizzo economico. La misura dell’indennizzo dipende dall’anzianità di lavoro.

In alternativa il lavoratore può essere reintegrato in azienda (si tratta di casi limitati) se il licenziamento è ritenuto discriminatorio. Lo stesso vale se il licenziamento è orale o quando è disciplinare e si dimostri l’inussistenza di quanto contestato al lavoratore. In questi casi il giudice stabilisce che il licenziamento è inefficace e quindi non sussiste. Il datore di lavoro in questo caso è tenuto a corrispondere una indennità che non può essere inferiore alle cinque mensilità. Il calcolo è fatto in base all’ultima retribuzione percepita dal dipendente.

Quanto viene corrisposto come indennizzo?

Nei restanti casi di licenziamento illeggittimo, al lavoratore viene riconosciuta l’indennità il cui valore va da un minimo di 4 a un massimo di 24 mensilità. Il rapporto di lavoro resta comunque concluso e il lavoratore rinuncia all’impugnazione del licenziamento.

Quando il licenziamento è legittimo, invece, al lavoratore non spetta alcun indennizzo. Il decreto ha introdotto anche una procedura conciliativa, grazie alla quale il contenzioso sul licenziamento può essere risolto con il pagamento da parte del titolare di una somma corrispondente a un totale di minimo 2 e massimo 18 mensilità. Tale indennizzo non viene conteggiato nella retribuzione previdenziale.