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Jobs Act: cos’è e quali sono le novità?

La riforma del diritto del lavoro punta a promuovere i contratti a tempo indeterminato mentre per i licenziati, limita il reintegro introducendo le tutele crescenti.

É il decreto legislativo che ha spinto centinaia di migliaia di manifestanti nelle strade di Roma nel 2014. Due anni dopo, il Jobs Act — la riforma del diritto di lavoro in Italia — rimane una delle iniziative che più ha caratterizzato il governo Renzi.

Si tratta di otto decreti legislativi che mirano a frenare il tasso di disoccupazione in Italia (11.5 per cento da maggio 2016). Per i giovani (25 anni e meno) il tasso di disoccupazione sale a quasi il 37 per cento — il terzo più alto dell’UE dopo la Grecia e la Spagna.

La riforma del diritto del lavoro punta a promuovere i contratti a tempo indeterminato mentre limita per i licenziati il reintegro introducendo le tutele crescenti.

Ecco 5 cose da sapere del Jobs Act, le novità e in cosa consiste.

1. Più contratti indeterminati

Il nuovo provvedimento cerca di contrastare le forme di lavoro a tempo determinato promuovendo i contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti, rendendoli più favorevoli rispetto le altre forme contrattuali.

“Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune del rapporto di lavoro” recita la normativa. Questa semplice indicazione denota una sorta di priorità del contratto a tempo indeterminato.

2. A chi si applica il Jobs Act?

Il Jobs Act si applica:

  • a chi è stato assunto dopo il 7 marzo 2015.
  • a chi, a partire dal 7 marzo 2015, ha visto la trasformazione del contratto da tempo determinato a indeterminato.
  • ai lavoratori che, assunti prima del 7 marzo 2015 a tempo indeterminato, lavorano presso un’azienda che dopo questa data ha superato il limite dei 15 dipendenti.

3. Il reintegro

Superato l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che stabiliva il reintegro, la nuova disciplina prevede che il reintegro sia previsto solo per:

  • licenziamenti discriminatori (si viene licenziati a causa della fede religiosa, sesso, credo politico e altro).
  • licenziamenti durante i periodi di tutela (maternità, per esempio).
  • licenziamenti per motivo illecito intimato in forma orale.

In caso di licenziamento per giustificati motivi o giusta causa che poi si rivelino illegittimi, il giudice condanna il datore di lavoro a un’indennità che può variare da un minimo di quattro mensilità a un massimo di 24.

4. Ammortizzatori sociali

Il decreto introduce sigle come:

  • Aspi (Assicurazione sociale per l’impiego) riservata ai dipendenti che hanno perso il lavoro e hanno raggiunto un livello minimo di contribuzione.
  • Naspi (Nuova assicurazione sociale per l’impiego) per chi ha perduto il lavoro a partire dal 1° maggio 2015.

Sono previste novità anche per la cassa integrazione che prevede due forme, ordinaria e straordinaria, mentre sparisce quella in deroga.

In pratica, le imprese possono utilizzarla per eventi transitori che richiedono una minore occupazione — ad esempio, durante crisi aziendali o riorganizzazioni.

5. I ruoli degli enti

Oltre a provvedimenti minori, come la possibilità per i lavoratori di cedere gratuitamente riposi ai colleghi o ferie maturate per assistere i figli minori, il Jobs Act si occupa anche di politiche attive, cioè tutte quelle iniziative che puntano promuovere l’occupazione.

In questo caso si è pensato di rinforzare e riorganizzare la rete degli enti. Per questo è stata istituita l’Anpal (L’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro) che ha il compito di coordinare la “Rete Nazionale dei servizi per le politiche del lavoro”, l’Ispettorato nazionale del lavoro — che eredita le funzioni controllo prima affidate a Inps — Inail (Istituto nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro) e ministero, mentre i centri per l’impiego hanno un ruolo attivo di gestione e controllo delle politiche per il lavoro.

Indirizzo di riferimento http://www.jobsact.lavoro.gov.it/Pagine/default.aspx