Per ottenere una motivazione più durevole bisogna agire, secondo Herzberg, sui cosiddetti “fattori motivanti”.
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Demotivazione dei dipendenti: una teoria per affrontarla

Per ottenere una motivazione più durevole bisogna agire, secondo Herzberg, sui cosiddetti “fattori motivanti”.

“Insoddisfatti, scoraggiati e incerti sul proprio futuro in azienda”. È così che si definiscono i dipendenti italiani secondo una recente indagine* che ha coinvolto un campione di 13.600 dipendenti provenienti da 15 paesi europei. Non solo. Gli italiani sembrerebbero i più insoddisfatti, tra i loro colleghi europei, quando si parla di work-life balance e livello di motivazione sul posto di lavoro.

Si tratta sicuramente di un campanello d’allarme da non sottovalutare che le aziende, e, soprattutto, gli esperti in gestione delle risorse umane, possono cogliere per prevenire la demotivazione dei propri dipendenti e promuovere ambienti di lavoro più sani e stimolanti.

Lo sapete che questo aspetto ha ripercussioni, positive e negative, anche per l’intero sistema economico di un paese? Lo rivela sempre un’indagine, commissionata da Bruxelles alla società di ricerca e consulenza Matrix, sulle forme di depressione correlate all’attività lavorativa in Europa. Che oggi arrivano a pesare sulle imprese per ben 272 miliardi di euro all’anno.

Ecco allora che tattiche e strategie professionali mirate si rivelano utili per comprendere e gestire il fenomeno. Una delle più note è “la teoria dei fattori igienici e motivanti di Herzberg”.

La teoria di Herzberg: fattori motivanti e fattori igienici

Secondo lo studioso e psicologo del lavoro Frederick Herzberg che la teorizzò, se la motivazione è legata al riconoscimento dei risultati raggiunti, alla crescita professionale e alla qualità del lavoro in sé, la demotivazione è invece da imputarsi a elementi ambientali e alla remunerazione. I primi rientrano sotto la sfera dei “fattori motivanti”, mentre i secondi elementi vengono definiti “fattori igienici”. I fattori igienici, come per esempio retribuzione, condizioni di lavoro, relazioni interpersonali etc, non sono direttamente motivanti, ma inducono malcontento nei dipendenti se restano insoddisfatti.

Per ottenere una motivazione più durevole bisogna agire, secondo Herzberg, sui “fattori motivanti”, quindi opportunità di carriera, responsabilità, riconoscimento, crescita professionale, contenuto del lavoro, soddisfazione, etc, che contribuiscono più direttamente alla motivazione lavorativa. Ed eliminare, invece, tutti quegli elementi “igienici” che portano il dipendente allo sconforto e, di conseguenza, a una scarsa produttività.

Come migliorare la motivazione dei dipendenti

In che modo? Attraverso un processo composto da due fasi. La prima, con l’obiettivo di eliminare gli elementi “igienici”, prevede: politiche aziendali più strutturate ed efficienti, sostegno all’autostima del dipendente, creazione di posizioni stabili e con minor turn over e promozione di un clima in cui il dipendente si sente sicuro e accettato.

La seconda fase, invece, consiste nel sostenere un clima lavorativo che favorisca la realizzazione individuale attraverso percorsi di carriera, piani di formazione, creazione di team che lavorino bene insieme, ascolto delle necessità del lavoratore e dei suoi consigli.

In generale, comunque, è importante che le aziende si confrontino regolarmente con le proprie risorse per verificarne il grado di motivazione ed essere pronte, ai primi segnali di stress e malcontento, a mettere in atto misure efficaci per alleviare la pressione.

 

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*L’indagine è stata realizzata per l’undicesima edizione del Barometro Edenred-Ipsos e ha coinvolto 15 paesi: Belgio, Brasile, Cile, Cina, Francia, Germania, India, Italia, Giappone, Messico, Polonia, Spagna, Turchia, Regno Unito e Stati Uniti.