Le competenze letterarie possono ancora fare la differenza?
Una mente più creativa, una maggiore visione d'insieme sui progetti e lo sviluppo di un pensiero critico nell’epoca delle fake news. Sì, le competenze letterarie possono ancora fare la differenza.Nel suo libro E se non fosse la buona battaglia?, Claudio Giunta, giornalista e professore di Letteratura italiana all’Università di Trento, riflette sul futuro dell’istruzione umanistica e sentenzia, senza troppi giri di parole, che “tutti quegli studenti che hanno studiato lettere e hanno intrapreso gli studi classici, avranno pochissime possibilità di trovare un lavoro. E pochi di loro meriteranno di trovarlo davvero”.
Nulla di nuovo, insomma, nel dibattito relativo all’utilità (o inutilità) degli studi letterari. Continuiamo a domandarci se saper tradurre un testo di Cicerone o aver approfondito la poetica di Petrarca, in un mondo sempre più digital oriented e alla ricerca di profili tecnici, possa rappresentare un valore utile dal punto di vista professionale.
Qualche risposta sembra arrivare da una ricerca recente dell’American Academy of Arts and Sciences, la quale rivela che – soprattutto negli ultimi anni – un buon 11% dei laureati nel settore ha fatto carriera nel management e che interessanti quote di professionisti si sono convertiti in ambiti come Ict, finanza, vendite, servizi. Ma non solo! Le industrie del digitale e del tech sono diventate le più “affamate” di laureati in possesso di quelle competenze intellettive fornite da studi umanistici. Nella Silicon Valley spopolano precedenti illustri come il fondatore della software company Slack Stewart Butterfield, laureato in filosofia, o della Ceo di Youtube Susan Wojcicki, laureata in storia e letteratura ad Harvard.
Leggi sul nostro blog quali sono le professioni più indicate per le menti creative.
Che sia in atto un nuovo rinascimento degli studi classici? Non lo sappiamo. Ma le cosiddette “competenze letterarie” sembrano ancora fare la differenza nel mondo del lavoro. Con vantaggi e benefici che, al prossimo colloquio, potrete sicuramente “vendere” e sfruttare a vostro vantaggio!
Una mente più creativa
Gli studi umanistici sono vere e proprie “vitamine” della creatività. Pare, infatti, che la lettura dei classici stimoli il pensiero creativo e aiuti il cervello a connettere quelle aree deputate a generare idee stimolanti e innovative. In più, recenti studi scientifici hanno dimostrato come leggere i classici sin da piccoli alleni la mente, rallenti l’invecchiamento cellulare e allontani malattie come l’Alzheimer.
Maggiore visione di insieme sui progetti
Ovvero, una migliore capacità di affrontare e organizzare problemi complessi. Tradurre una versione di latino e di greco, per esempio, affina l’analisi, la sintassi, l’osservanza del particolare nell’insieme, e abitua a una maggiore attenzione e concentrazione.
Sviluppo di un pensiero critico nell’epoca delle fake news
Un’educazione al pensiero critico, supportata da un solido bagaglio culturale, è oggi più che mai fondamentale (e utile) soprattutto per i lavori in ambito digitale. Per esempio, per valutare l’affidabilità di un’informazione reperita su internet, per individuare criticità e soluzioni, per il ragionamento analitico e creativo e per organizzare le informazioni in maniera coerente e razionale.