Social media: 5 errori da evitare se cerchi lavoro
Il 35% dei selezionatori italiani esclude un candidato dal processo di recruiting dopo aver visualizzato i suoi profili social. Gli errori commessi dagli aspiranti lavoratori sono spesso gli stessi: dunque, se li conosci, li puoi evitareScartati senza appello e senza nemmeno conoscerne le motivazioni. Gran brutta situazione, vero?
Eppure è quello che succede a molti ansiosi job seeker che, spedito il curriculum, aspettano fiduciosi una risposta dal selezionatore.
Delle volte la causa è un post poco ortodosso su Facebook, o l’utilizzo scorretto di un altro social network, e non la mancanza di esperienza o titoli.
Da tempo, infatti, chi si occupa di risorse umane non si accontenta più di un CV ben scritto o della lettera di presentazione: la prima cosa che fa è cercare informazioni in rete sul candidato.
Secondo uno studio dello scorso anno, il 35% dei selezionatori italiani intervistati ha escluso un candidato dal processo di recruiting dopo averne visualizzato i profili social. Negli Stati Uniti, secondo un’altra ricerca, la percentuale è ancora più alta: più della metà (51%) delle aziende in cerca di collaboratori ha scartato qualcuno per questo motivo.
La buona notizia? Gli errori commessi dagli aspiranti lavoratori sono spesso gli stessi: dunque, se li conosci, li puoi evitare.
Ecco un elenco dei 5 errori più comuni:
1. Postare foto di cattivo gusto o che ti mettono in cattiva luce
In molti continuano a considerare Facebook come una sorta di “stanza privata” o uno sfogatoio in cui ci si può permettere qualsiasi cosa.
Ma le cose in realtà non stanno così, e le cronache raccontano sempre più spesso di persone che hanno scoperto a loro spese che tutto quel che si fa online ha delle conseguenze — dall’insegnante licenziata per delle foto osè, al conduttore televisivo cacciato per una chat “a luci rosse” su Facebook.
Regolare nel modo giusto le impostazioni di privacy e limitare la visione dei post a persone fidate è fondamentale, ma può non bastare: esiste sempre la possibilità che qualcuno tra i nostri contatti faccia uno screenshot dell’immagine, e che questa arrivi a destinatari “non desiderati”.
2. Criticare il potenziale datore di lavoro o quello attuale
Parlare male di chi ti fa lavorare non fa mai una buona impressione, e nelle ricerche sopra citate è una delle cose che ha dato più fastidio ai selezionatori. Certo, qua il terreno si fa scivoloso e si va a sconfinare nella libertà di espressione.
Ha fatto molto discutere, in Piemonte, il caso di un’addetta alla ristorazione di Nichelino, licenziata dalla ditta per aver condiviso su Facebook le lamentele dei genitori che avevano trovato insetti nei cibi serviti in una mensa scolastica.
In America, un candidato si è bruciato un’opportunità di lavoro raccontando su Quora di aver ricevuto un’ottima proposta dall’azienda Zenefits, ma di essere incerto se andarci a lavorare perché non si trattava di un nome famoso come Uber. L’azienda ha ritirato l’offerta.
3. Postare sui social informazioni che smentiscono il CV
Lo sappiamo tutti: la concorrenza è feroce ed è difficile resistere alla tentazione di abbellire un po’ il curriculum. Ma è bene fare attenzione, perché è facile che i social raccontino un’altra storia: quella vera.
LinkedIn è un ottimo termometro per i selezionatori. Raccontate di essere un super appassionato della materia, ma non intervenite mai in un gruppo di discussione? Vi presentate come una semi-celebrità, ma nel network non vi conosce nessuno? Fate volontariato sulla carta, ma online ironizzate sulle persone in difficoltà? Le bugie, anche online, hanno le gambe corte e i social possono essere la vostra Nemesi.
4. Non curare in modo professionale la foto o le informazioni del profilo
I social, se usati male, ti possono danneggiare, è vero. Ma è anche vero che, se usati bene, possono spalancare molte porte. Secondo Lydia Abbot, Associate Content Marketing Manager di LinkedIn, ad esempio, soltanto aggiungere una foto al profilo aumenta di 14 volte la possibilità che esso venga visualizzato. Lo stesso si può dire degli altri social: sono ancora tante, troppe, le persone che su Twitter hanno come icona un “ovetto”, o che su Facebook non hanno aggiunto le esperienze lavorative fra le informazioni del profilo.
È ancora peggio se la foto c’è ma è di scarsa qualità o troppo informale: l’impressione di sciatteria che ne può derivare difficilmente ti aiuterà a trovare un impiego.
5. Lamentarsi, lamentarsi in continuazione
Sorridi, e tutto il mondo sorriderà con te. Nessuno vuole lavorare con persone pessimiste o musone. I recruiter osservano con attenzione il tipo di personalità che emerge da post o tweet e cercano di capire se saresti un buon acquisto per l’ambiente aziendale. Improbabile che diano una chance se sui social ti limiti a mugugnare.
Attenti anche alle prese di posizione troppo nette su temi controversi, politici o sociali. Avere personalità ci può stare, ma essere troppo polemici non conviene.