Lo smart working: quando a casa hai figli è ancora più smart
Per certi versi e per molte persone, lavorare da casa ai tempi del Coronavirus è stata un’esperienza inverosimile. Non va infatti confuso il modello che si è diffuso in risposta all’emergenza con la forma di organizzazione flessibile del lavoro definita Smart Working: una modalità, quest’ultima, che riserva numerosi vantaggi al lavoratore, fra cui la possibilità di essere applicata in maniera flessibile, a vantaggio del famoso “work life balance”. La pandemia non ha lasciato scelta e, in un certo senso, il lavoro svolto da casa – insieme al lockdown – si è imposto come una forma di “reclusione” fra le quattro mura di casa, a difesa della salute dei singoli e della collettività. Senza sottovalutare, tuttavia, l’effetto benefico del telelavoro nella misura in cui ha permesso la continuità di determinate attività lavorative in un momento di forte ansia e incertezza come quello della pandemia.
Le difficoltà del lavorare da casa
Da un momento all’altro, ci siamo dovuti abituare a un modo completamente differente di concepire e vivere il tempo e lo spazio lavorativi: sedie scomode, monitor troppo piccoli, scrivanie improvvisate. Con la chiusura delle scuole, poi, molte famiglie hanno sperimentato anche la difficoltà di avere a casa bambini e ragazzi e, tra la didattica a distanza e le riunioni di classe virtuali, gestire i propri figli in una situazione di tale emergenza si è rivelata per i genitori un’impresa a tratti titanica. È innegabile la difficoltà vissuta da madri e padri che, spesso senza alcun supporto e senza la possibilità di evadere, hanno dovuto far conciliare i ritmi lavorativi con quelli famigliari.
L’impossibilità di confrontarsi faccia a faccia con i propri pari – i colleghi, gli amici o i compagni di scuola per i più piccoli – non ha fatto altro che enfatizzare ulteriormente il disagio, rendendo ancora più difficile comunicare e coabitare.
La bellezza di riscoprirsi
La situazione è stata impegnativa e surreale per i più, ma c’è un aspetto di questa convivenza forzata che attenua ogni malumore: il tempo passato insieme alla propria famiglia, che incredibilmente si è potuto fermare. Quante volte ci siamo domandati come sarebbe stato bello stare di più con i nostri cari, avere la possibilità di trascorrere più tempo insieme?
La situazione di emergenza ci ha chiuso in un abbraccio forzato, ma pur sempre amato. I nostri figli ci hanno regalato momenti irripetibili, abbiamo scoperto di più del loro percorso scolastico, abbiamo capito di più delle loro amicizie, dei loro pensieri spesso ermetici. I bambini più piccoli hanno goduto della vicinanza dei genitori e hanno compreso meglio il lavoro che questi fanno quando li lasciano sulla soglia della loro classe. I ragazzi hanno toccato con mano e spesso condiviso l’impegno e la fatica di conciliare lavoro, casa e famiglia. Ci siamo curati e accuditi l’uno l’altro, con un’inevitabile condivisione dei ruoli.
È stato un esperimento sociale che speriamo di non dover più ripetere, ma che ha arricchito ognuno di noi e che grazie alle nostre famiglie non potremo mai solo ricordare come un disastro.
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